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Imposta di bollo per scritture ausiliarie di magazzino e registro beni ammortizzabili

Lo scorso 22 ottobre 2021 Assonime ha reso noto un approfondimento, il n. 1/2021, in merito all’applicabilità dell’imposta di bollo per le scritture ausiliarie di magazzino e per il registro dei beni ammortizzabili.

La tenuta di tali registri, come noto, è prevista dal D.P.R. 600/1973 e, in particolare: dall’articolo 14, comma 1, lettera d), per le scritture ausiliarie di magazzino; dall’articolo 16 per il registro dei beni ammortizzabili.

Tuttavia, lo specifico obbligo di tenere tali registri è previsto solo dalla citata disciplina in tema di accertamento delle imposte sui redditi, e non anche da altre disposizioni dell’ordinamento, di natura civilistica o di altro genere.

Le disposizioni del Testo unico in materia di imposta di bollo Quanto alla disciplina dell’imposta di bollo, la tariffa degli atti e dei registri soggetti all’imposta di bollo fin dall’origine comprende, all’articolo 16, i “libri di cui all’articolo 2214, primo comma, cod. civ.; ogni altro registro, se bollato e vidimato nei modi di cui agli articoli 2215 e 2216, cod. civ.”.

Tale fattispecie in linea di principio non comprende i registri in questione poiché essi non sono bollati e vidimati.

In particolare, il libro dei beni ammortizzabili è soggetto soltanto alla numerazione progressiva per ogni pagina, a norma dell’articolo 22 del citato D.P.R. 600/1973, mentre per le scritture ausiliarie di magazzino non sono previste specifiche formalità.

Sempre l’articolo 22 dispone che i registri di cui ai precedenti articoli sono tenuti in esenzione dall’imposta di bollo, eccettuando, però, quelli di cui all’articolo 14, lettere c) e d) e, quindi, le scritture ausiliarie di magazzino (lettera d).

Pertanto, la specifica esenzione riguarda, per quanto ci interessa in questa sede, solo il registro dei beni ammortizzabili.

Secondo Assonime, per le scritture di magazzino potrebbe ritenersi applicabile la disposizione generale dell’articolo 5, comma 3, della tabella degli atti esenti in modo assoluto dall’imposta di bollo, che esenta i “repertori, libri, registri ed elenchi prescritti dalle leggi tributarie…”. L’operatività di questo esonero per le scritture di magazzino, tuttavia, è per lo meno dubbia in quanto, secondo parte della dottrina, tali scritture, anche se non prescritte in modo espresso da una norma non tributaria, sarebbero comunque imposte dall’articolo 2214 cod. civ., là dove obbliga l’imprenditore alla tenuta delle scritture contabili richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’impresa (aspetto comunque non sempre agevole da accertare).

Tali scritture rientrano, quindi, fra quelle che la dottrina qualifica scritture contabili “innominate”. Peraltro, anche senza ricorrere all’esenzione dell’articolo 5 della tabella, rimane sempre valida l’osservazione che tali libri non realizzano il presupposto di fatto del tributo a norma dell’articolo 16 della tariffa, in quanto non è richiesta la bollatura e la vidimazione.

Bollatura e vidimazione volontaria Sia il registro dei beni ammortizzabili che le scritture ausiliarie di magazzino possono però essere fatti bollare e vidimare volontariamente qualora l’impresa intendesse conferirgli efficacia probatoria a norma dell’articolo 2710, cod. civ..

Secondo tale ultima disposizione infatti “I libri bollati e vidimati nelle forme di legge, quando sono regolarmente tenuti, possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa”.

In tal caso, solo per il registro dei beni ammortizzabili vale l’espresso esonero stabilito dall’articolo 22 D.P.R. 600/1973. Per le scritture di magazzino, invece, la loro obbligatorietà ai fini civilistici a norma dell’articolo 2214 cod. civ. – da verificare in concreto per la singola impresa – comporterebbe l’inapplicabilità dell’esenzione stabilita dall’articolo 5 della tabella e, di conseguenza, l’assoggettamento all’imposta di bollo a norma dell’articolo 16 della tariffa.

Ciò sempreché, ripetiamo, l’impresa che tiene le scritture in questione abbia natura e dimensioni tali da far ritenere che esse siano obbligatorie a norma dell’articolo 2214 cod. civ..

In caso contrario, infatti, le scritture sarebbero obbligatorie solo in base all’articolo 14 D.P.R. 600/1973 e, quindi, sarebbe operante l’esenzione prevista dall’articolo 5 della tabella per i libri e registri prescritti da leggi tributarie.

Scritture tenute con strumenti informatici Se le scritture di magazzino sono tenute con strumenti informatici, le formalità della numerazione e bollatura non possono essere effettuate con le modalità tradizionali e, quindi, si pone il dubbio se e in quali situazioni debba ritenersi dovuta l’imposta di bollo.

In particolare, si pone il dubbio se possa equipararsi alla vidimazione, anche ai fini in esame, la formalità prescritta dall’articolo 2215-bis cod. civ. per i registri per i quali è obbligatoria la numerazione progressiva e la vidimazione.

Tale articolo dispone al comma 3 che “gli obblighi di numerazione progressiva e vidimazione previsti dalle disposizioni di legge o di regolamento per la tenuta dei libri, repertori e scritture sono assolti, in caso di tenuta con strumenti informatici, mediante apposizione, almeno una volta l’anno, della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto dal medesimo delegato”.

Inoltre, il comma 5 attribuisce a tale formalità la stessa rilevanza giuridica della vidimazione tradizionale, disponendo che “I libri, i repertori e le scritture tenuti con strumenti informatici, secondo quanto previsto dal presente articolo, hanno l’efficacia probatoria di cui agli articoli 2709 e 2710, cod. civ.”.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad istanza di interpello n. 236/E/2021, ha affermato l’applicabilità dell’imposta di bollo anche per le scritture contabili di cui all’articolo 2214 cod. civ., diverse dal libro giornale e dal libro degli inventari, tenute con strumenti informatici.

In sostanza, l’orientamento che sembra emergere è quello secondo cui l’apposizione della marca temporale e della firma digitale equivale, per i registri informatici, alla vidimazione prevista dall’articolo 2215 cod. civ..

Tale equipollenza, sancita per i registri per i quali la vidimazione è obbligatoria, varrebbe anche per quelli per i quali l’imprenditore ha scelto di seguire tale formalità non obbligatoria. La critica di Assonime “Si potrebbe contestare tale impostazione in base al rilievo che l’articolo 16 della tabella prevede l’applicazione dell’imposta di bollo ai libri e registri, se bollati e vidimati nei modi di cui agli articoli 2215 e 2216, e non anche a quelli sottoposti alla formalità dell’articolo 2215-bis, cod. civ..

Tale argomento, tuttavia, appare eccessivamente formalistico poiché tale ultimo articolo sancisce l’equipollenza fra le procedure previste per i registri cartacei e quelle dei registri informatici, e soprattutto perché, in effetti, i registri informatici sottoposti a marca temporale e firma elettronica hanno gli effetti giuridici della bollatura e vidimazione, e cioè hanno l’efficacia probatoria prevista dall’articolo 2710 per i libri vidimati e bollati.

Tale ultima osservazione potrebbe risultare dirimente ai fini dell’individuazione del presupposto impositivo, poiché l’imposta di bollo, come noto, è un tributo che si applica agli atti, documenti e registri con riferimento agli effetti giuridici che essi producono; e riguardo ai libri e registri, il requisito della bollatura e vidimazione è previsto dalla norma tariffaria proprio in quanto tale requisito attribuisce ai registri l’importante effetto costituito dalla loro efficacia probatoria”. Secondo questa ricostruzione, pertanto, le scritture ausiliarie di magazzino, prima escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta di bollo se non bollate e vidimate, sarebbero soggette al tributo se tenute con modalità informatiche, sempreché si possa ritenere che siano obbligatorie per l’impresa a norma dell’articolo 2214 cod. civ. in considerazione della sua natura e dimensione e a meno che l’impresa decida di non mantenerli in formato elettronico, ma di materializzarli, e cioè di stamparli (in tale ultima ipotesi, deve ritenersi che l’imposta di bollo non sia dovuta in assenza del requisito previsto dall’articolo 16 della tariffa costituito dalla bollatura e vidimazione).

Assonime, tuttavia, auspica un intervento del legislatore sul punto in quanto non parrebbe comprensibile il motivo per il quale le scritture ausiliarie di magazzino debbano considerarsi in questo caso soggette a imposta di bollo (con tutte le difficoltà di stabilire se le scritture di magazzino debbano considerarsi o no obbligatorie per l’impresa a norma dell’articolo 2214 cod. civ.), mentre altre scritture previste sempre dal D.P.R. 600/1973, come il libro dei beni ammortizzabili, sono espressamente escluse.

Laddove, infine, si dovesse propendere per la debenza dell’imposta di bollo nella fattispecie descritta (ovvero per le scritture ausiliarie di magazzino tenute in modalità informatica), le modalità di applicazione sarebbero, secondo Assonime, quelle stabilite dall’articolo 6 D.M 17.06.2014, come anche precisato dalle risposte dell’Agenzia delle entrate n. 236/E/2021 e n. 346/E/2021. Modalità di assolvimento dell’imposta di bollo Versamento, in unica soluzione, entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, con modello F24, con il codice tributo 2501 denominato “imposta di bollo su libri, registri ed altri documenti rilevanti ai fini tributari”, assumendo come parametro di commisurazione del tributo il numero di registrazioni, in base a quanto disposto dall’articolo 6, comma 3, del citato D.M. secondo cui “l’imposta sui libri e sui registri di cui all’articolo 16 della Tariffa allegata al D.P.R. 642/1972, tenuti in modalità informatica, è dovuta ogni 2500 registrazioni o frazioni di esse”.

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