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Studio Coppola & Partners
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I rimborsi al socio che ha fornito un contributo “in natura”, eccedente da quello pattuito, non sono soggetti ad Iva

Si tratta disemplici movimentazioni di denaro.

Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 2 del 7 gennaio 2022.

Dunque, le somme versate dai soci nell’ambito di rapporti associativi non rilevano ai fini fiscali se non sono correlate a specifiche prestazioni.

In particolare, i rimborsi effettuati da una Srl consortile al socio che ha fornito un contributo “in natura” extra rispetto a quanto dovuto costituiscono delle mere movimentazioni di denaro non soggette a Iva, mancando il nesso tra corrispettivo versato e prestazione ricevuta. Rimborso dei contributi in natura: l’eccedenza non vuole, quindi, l’Iva.

Non è, infatti, imponibile, ai fini di tale imposta, il riaddebito dovuto ad attività di ricerca e servizi tecnicoscientifici, oltre l’ordinaria quota di contribuzione, svolti da un “Consorzio” socio dell’istante.

L’istante, una Srl consortile che promuove la ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico, riferisce di aver sottoscritto un accordo bilaterale con un Consorzio che svolge attività di ricerca nell’ambito dell’ingegneria industriale e che è anche uno dei suoi soci fondatori.

Tale accordo prevede un contributo da parte dello stesso Consorzio nei confronti della srl istante, consistente nella fornitura di ricercatori e servizi di ricerca.

Gli accordi prevedono che se l’importo del contributo fornito dal Consorzio (nella forma di servizi di progettazione e ricerca o negli stessi ricercatori) è superiore all’importo del proprio contributo pro quota alle spese di funzionamento della società, l’eccedenza verrà rimborsata dall’istante, al netto delle eventuali anticipazioni già ricevute, mediante l’emissione di una nota debito. L’istante ha, quindi, chiesto se tale rimborso spese vada assoggettato ad Iva.

La Srl istante riferisce, tra l’altro, di non perseguire finalità di lucro, di non poter distribuire utili ai soci, di non potersi trasformare in società con diverse finalità da quella consortile, di essere un’organizzazione comune dei Soci e di operare nel loro interesse.

Le società consortili, rammenta l’Agenzia, non hanno finalità lucrativa, ma sono costituite per perseguire le finalità proprie dei consorzi.

In pratica, il loro scopo non è quello di realizzare un utile da dividere tra i consorziati, ma quello di consentire ai soci un vantaggio mutualistico.

Il fatto che la società consortile a responsabilità limitata sia una società “senza fini di lucro” non fa venir meno la sua soggettività Iva.

Tale principio viene riportato tra l’altro dalla circolare n. 34/2013 (“Le somme erogate dai soci – ivi incluso, ovviamente, il socio avente soggettività di diritto pubblico – in base alle norme del codice civile, quali apporti di capitale, esposti in bilancio all’interno del patrimonio netto, non possono essere considerate corrispettivi di prestazioni di servizi in quanto si inseriscono nell’ambito del rapporto associativo e non sono collegate ad alcuna controprestazione da parte del beneficiario”). Per quanto riguarda il dubbio sollevato dall’istante, e cioè la rilevanza ai fini Iva delle somme restituite al Consorzio suo socio, nell’ambito di un accordo, l’Agenzia richiama la risoluzione del 4 febbraio 1991, con cui è stato precisato che le somme versate dai soci nell’ambito di rapporti associativi non sono imponibili se manca un corrispettivo a fronte di una specifica prestazione.

Se, invece, sono destinate a compensare dei servizi resi a vantaggio dei soci, le somme saranno imponibili ai fini Iva, sussistendo il nesso causale tra versamento e prestazione.

Nel caso di specie, non sussistendo alcun nesso sinallagmatico, per l’Agenzia delle entrate, gli eventuali rimborsi resi dall’istante al socio che ha fornito un contributo “in natura” eccedente da quello pattuito nell’accordo, sono delle semplici movimentazioni di denaro non soggette a Iva.

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