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Studio Coppola & Partners
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Fondi per rischi e oneri nel conferimento di azienda

Nell’ambito di un’operazione di conferimento di azienda, o di un ramo di azienda, non è raro incontrare la presenza di fondi per rischi ed oneri nel passivo dello stato patrimoniale rappresentativo del compendio trasferito.

Per la verità, la casistica che può riscontrarsi nella pratica professionale può essere fatta risalire a due ipotesi che si differenziano l’una dall’altra per via della diversa genesi del fondo, pur avendo in comune il fatto che l’accantonamento che ha generato l’iscrizione al passivo di quel fondo non ha concorso alla riduzione della base imponibile delle imposte sul reddito.

Le due ipotesi a cui si fa riferimento sono rispettivamente: quella del fondo rischi ed oneri già iscritto presso il conferente, e quindi creato a mezzo di accantonamenti imputati nel conto economico di tale impresa, e non dedotti ai fini fiscali da tale soggetto; oppure quella del fondo rischi ed oneri che viene iscritto ex novo dal conferitario in quanto, ad esempio, corrispondente a passività potenziali inespresse nel bilancio del conferente ma emerse in sede di perizia di stima, oppure in sede di due diligence eseguita dal conferitario, e da questi ritenute suscettibili di esposizione nelle proprie scritture contabili alla data stessa di efficacia del conferimento e quindi al momento della prima iscrizione dell’azienda (o del ramo di azienda).

In via del tutto preliminare, va ricordato che il conferimento di azienda è disciplinato, a norma dell’articolo 176 Tuir, dal regime fiscale di neutralità necessaria, con la conseguenza che ai fini delle imposte sul reddito non rappresenta una fattispecie realizzativa, distinguendosi radicalmente sotto tale profilo dall’operazione di cessione di azienda.

Pertanto, nel conferimento di azienda, il conferitario subentra in regime di continuità nei valori fiscali degli elementi attivi e passivi inclusi nel compendio aziendale, così come esistenti in capo al conferente.

In questo contesto normativo, quindi, i fondi per rischi ed oneri esistenti già in capo al conferente, formati con accantonamenti non dedotti al momento della loro formazione, ed inclusi nelle passività dell’azienda conferita, conservano in capo al conferitario la natura di fondi tassati.

Perciò, se da una parte il conferente non avrà titolo per operare alcuna variazione in diminuzione del reddito all’atto del conferimento stante la neutralità fiscale dell’operazione, dall’altra parte, sarà il conferitario ad ereditare tale diritto ad operare la variazione in diminuzione al momento dell’utilizzo del fondo rischi ed oneri, vuoi per il verificarsi della corrispondente passività potenziale, o vuoi per il suo venire meno con conseguente proventizzazione del fondo stesso.

Tale assetto fiscale ha poi una diretta conseguenza civilistica in quanto la traslazione sul conferitario della natura di fondo tassato si porterà appresso anche le corrispondenti imposte anticipate, se iscritte.

La seconda tipologia di fondi del passivo, quella che non esiste presso il conferente ma viene ad esistenza solo ed esclusivamente in capo al conferitario al momento della prima iscrizione dell’azienda ricevuta in apporto, si caratterizza come premesso per il fatto di non essere mai transitata nel conto economico di alcun soggetto: né del conferente, presso cui il fondo non esisteva, e né del conferitario, in quanto l’iscrizione avviene al momento del carico delle attività e delle passività dell’azienda ricevuta, con contropartita la creazione, o l’aumento, del capitale sociale e l’iscrizione dell’eventuale sovrapprezzo.

Qual è, dunque, la natura fiscale di questa particolare tipologia di fondo? La risposta, per ragioni di simmetria, coerenza ed equità, non può che essere nella direzione di attribuire anche a tale fondo la qualifica di fondo “tassato”, ossia di fondo che al momento del suo successivo utilizzo darà diritto al conferitario di effettuare una corrispondente variazione in diminuzione dell’imponibile.

Come detto, sono prima di tutto ragioni di simmetria fiscale a condurre a questa conclusione, che sarebbe diversa ove anziché di conferimento di azienda parlassimo di cessione di azienda, e di operazione realizzativa.

Nel caso del conferimento, infatti, non vi è alcuna deduzione di minuvalenze in capo al conferente stante il dogma della neutralità fiscale “necessaria” che regola l’operazione, sicché non vi è ragione per ipotizzare una tassazione in capo al conferitario al momento del successivo utilizzo del fondo. Dicevamo che la conclusione corrisponde anche ad un criterio di equità.

Pensiamo infatti al conferitario che iscrive ex novo nell’anno X (anno del conferimento) un fondo rischi di 100 a fronte della potenziale passività connessa ad una lite con un fornitore; nell’anno X+1 viene chiusa la pendenza corrispondendo proprio 100 al fornitore.

Mentre nell’anno X+1 il conto economico dell’esercizio non sarà impattato dal costo della transazione, in quanto eliso dal fondo iscritto al passivo, abbiamo detto che l’impresa avrà titolo per operare la variazione in diminuzione del reddito di 100, proprio per far concorrere questo onere alla formazione del suo reddito imponibile.

Se infatti lo stesso soggetto nell’anno X non avesse iscritto il fondo, ed avesse poi sostenuto il costo per 100 nell’anno X+1, non vi sarebbero stati dubbi circa la deduzione fiscale di questo onere, assumendone naturalmente l’inerenza.

Pertanto, ragioni di simmetria fiscale, e di equità fiscale, non possono che consentire di addivenire alla medesima conclusione nelle due ipotesi qui rappresentate; ossia, la deduzione del costo compete, a parità di ogni altra condizione, indipendentemente dalla politica contabile, più o meno prudente, assunta dall’impresa circa l’iscrizione o meno (ex novo) del fondo al passivo.

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