L’articolo 121 D.L. 34/2020, c.d. Decreto Rilancio, prevede la possibilità di trasformare una serie di detrazioni fiscali in credito di imposta cedibile e in sconto sul corrispettivo dovuto, per tutta una serie di spese sostenute negli anni 2020-2021, a fronte di interventi in precedenza esclusi da tale opportunità.
L’articolo, in particolare, al primo comma prevede che i soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per una serie di interventi (elencati nel comma 2 dell’articolo 121) che danno diritto a determinate detrazioni fiscali, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, alternativamente:
1. per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto;
2. per la trasformazione del corrispondente importo della detrazione in credito di
imposta.
Con la conversione del Decreto con la L. 77/2020, pubblicata in G.U. del 18 luglio 2020 ed
entrata in vigore il 19 luglio 2020, sono state apportate alcune significative modifiche.
In particolare, la lettera b) del comma 1 dell’articolo 121 è stata sostituita, prevedendo, adesso, in luogo dell’utilizzo della detrazione, la facoltà di cessione di un credito d’imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione, da parte del cessionario, ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.
Il soggetto che ha effettuato gli interventi, di fatto, non pare poter più usufruire direttamente del credito di imposta attraverso compensazioni dello stesso ma solo tramite la cessione dello stesso a terzi che a loro volta potranno cederlo.
La legge di conversione introduce altresì il comma 1 bis all’interno dell’articolo 121, prevedendo che l’opzione di cui al comma 1 possa essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori.
Per gli interventi di cui all’articolo 119 (incentivi per l’efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici) gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento.
Per quanto riguarda la possibilità di rinunciare alla detrazione in favore di uno sconto sul corrispettivo dovuto, la norma prevede che:
l’importo dello sconto ha un limite massimo rappresentato dal corrispettivo dovuto;
lo sconto è concesso dal fornitore che effettua gli interventi, che quindi consente al committente di monetizzare immediatamente l’agevolazione, lo stesso fornitore recupererà lo sconto praticato attraverso la possibilità di usufruire di un credito di imposta di pari importo;
il fornitore potrà successivamente e facoltativamente cedere tale credito di imposta ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e altri intermediari finanziari.
Per quanto riguarda la seconda opzione, ossia la possibilità di trasformare la detrazione in credito di imposta cedibile, anche in questo caso è prevista la facoltà, per il cessionario, di cedere successivamente tale credito ad altri soggetti, ivi inclusi gli istituti di credito e altri intermediari finanziari.
Per quanto riguarda le spese per le quali si può usufruire delle opportunità sopra riepilogate, il Decreto Rilancio introduce novità importanti allargando la tipologia di spese.
Precedentemente la possibilità di cedere il credito derivante dalla detrazione Irpef spettante era limitata solo ad alcuni interventi, ad esempio per gli interventi di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni degli edifici. Tale misura era prevista in particolare per i soggetti “incapienti”, ossia per coloro che, avendo un reddito molto basso, non avrebbero potuto beneficiare dell’agevolazione sotto forma di detrazione.
Il comma 2 dell’articolo 121 precisa che le disposizioni dell’articolo in questione si applicano per le spese relative agli interventi di:
recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16 bis del Tuir, comma 1 lett. a) e b) (detrazione del 36% – 50%);
efficienza energetica su edifici esistenti di cui all’articolo 14 D.L. 63/2013 (convertito dalla L. 90/2013), quindi tutti gli interventi che rientrano anche nell’ecobonus, tra cui infissi, pompe di calore, caldaie a condensazione o a biomasse, schermature solari, interventi su parti comuni di edifici condominiali, ecc.;
adozione di misura antisismiche (articolo 16 D.L. 63/2013); recupero/restauro della facciata di edifici esistenti, di cui all’articolo 1, comma 219, L. 160/2019 (bonus del 90% in 10 anni);
installazione di impianti fotovoltaici di cui all’articolo 16 bis, comma 1, lett. h), Tuir con detrazioni al 50% (in 10 anni), ivi compresi gli interventi di cui ai commi 5 e 6 dell’articolo 119 dello stesso Decreto rilancio;
installazione di colonnine di ricarica per veicoli elettrici di cui all’articolo 16 ter D.L. 63/2013 (50% in 10 anni).
Dunque, il comma 1 dell’articolo 121 permette, a chi ha sostenuto le spese su elencate (nel 2020 e 2021), per le quali si ha diritto ad una certa percentuale di detrazione dalle imposte in un determinato arco temporale, di avere altre forme alternative di beneficio, e cioè:
un contributo come “sconto in fattura” fino ad un importo massimo pari al corrispettivo dovuto che viene anticipato dal fornitore, che poi avrà diritto di recuperarlo come credito di imposta con facoltà di cessione anche a istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;
una trasformazione della detrazione in credito di imposta cedibile di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione da parte dei cessionari ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
In quest’ultimo caso, i crediti di imposta sono utilizzati in compensazione sulla base delle rate residue di detrazione non fruite (comma 3, articolo 121), e con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. In sostanza, la trasformazione del corrispondente importo della detrazione in credito di imposta cedibile pare trovare applicazione, su opzione, anche in relazione alle rate residue di detrazioni relative ad interventi effettuati in esercizi precedenti.
La norma prevede anche che la quota di credito di imposta non utilizzata in un determinato esercizio non possa essere usufruita negli anni successivi e non possa essere richiesta a rimborso.
Altro aspetto degno di nota è che, nel caso di trasformazione della detrazione in credito di imposta cedibile non si applicano una serie di limitazioni previste per la possibilità di compensazione, in particolare:
il divieto di compensazione fino a concorrenza di debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e accessorie di ammontare superiore a 1.500 euro e per i quali è scaduto il termine di pagamento,
il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, pari a 000 euro, elevato a 1 milione di euro per l’anno 2020,
il limite fissato dall’articolo 1, comma 53, L. 244/2007, secondo cui i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi possono essere utilizzati nel limite annuale di 000 euro.